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La lunga linea dell'orizzonte segna il confine con il cielo degli dèi, irrevocabilmente; la terra degli uomini oramai è un campo sconsacrato. Una storia comune si è persa tra le due dimensioni. La superiore trascorre ugualmente sopra i mortali; questi, laggiù, appaiono come trottole nella polvere. Così al tramonto, mentre ingrossano da sud nuvole temporalesche che il vento sospinge striando il cielo di rosa, da basso un innocente è nel cubicolo accecato di un cellulare che corre su una trazzera per tradurlo in manicomio. Altrove, la luna nella notte inargenta il sonno sotto bave di nebbia; ma in quell'ora un incubo fa cinque prigionieri, inietta in essi il terrore e li forza a seguire un demonio nelle viscere di un carcere segreto. In ogni caso, dell'uomo non sono i riflessi della grazia, ma le angustie: mille diavoli che gridano, stordiscono, comandano. Eppure, da una tale tregenda, a volte è dato uno strumento di riscatto, che è la parola autentica. È con essa che l'uomo si sveste della cappa dell'ipocrisia, e infine può ammettere: «mi rassegno alla terra e alle sue leggi». Intravede la verità, ora la persegue, è pari a un dio.